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Mappe °13

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Interventi di Luce

 

Ecco Villa Colloredo Mels, Recanati, in quella che è la parte più occidentale della città, quella forse più intima e meno aggredita da quel turismo di massa che giunge fin lì per assaggiare brevi scampoli d’Infinito.

Si sale lo scalone interno a passo concitato. Rapidi sguardi e la commistione d’interventi antichi riconduce al sapore di pietre cinquecentesche e stucchi neoclassici.

Gli spazi che si vanno ad aprire, uno seguente l’altro, sono sedi di una Pinacoteca che conserva e preserva un contenuto sbalorditivo.

Si ha il sentore di una poetica incisiva e al contempo delicata, diretta e multiforme, intima e titanica: questo è Lorenzo Lotto.

Quattro lavori così diversi l’uno dall’altro. Il Polittico di San Domenico denso di particolari, eppure così inafferrabile nelle sue dimensioni, dialoga con la Trasfigurazione le cui parti, invece, sono gestibili e dai contenuti meno descrittivi.

La sala seguente ospita l’incredibile, innovativa Annunciazione che condivide il medesimo ambiente con il mesto San Giacomo Maggiore dai volumi ridottissimi.

Un luogo contenitivo che trasmette, parla e si pone all’ascolto di contenuti che diventano resoconto puntuale di vicende sospese nel non luogo atemporale.

Perché qui? Che cosa viene, di fatto, richiesto?

La chiamata risponde alla volontà di definire un nuovo percorso allestitivo della sezione permanente dove si evidenzia l’esigenza di valorizzare queste quattro entità.

Esaltare, migliorare, evidenziare e infine leggere nella maniera più corretta l’opera: questo è nuovo.

E questo ci si sente di attuare. Senza creare orpelli aggiuntivi gravosi e senza togliere, o meglio, distogliere gli sguardi.

Di fatto l’intervento mira all’opera e si riduce ad un segno grafico, in una stilizzazione dell’azione architettonica. Un segno cromatico scuro, netto che mette in risalto la qualità del prezioso. Un colore che è presente in tutte le opere lottesche, facendo percepire il gusto cinquecentesco traslato in azione fresca e suggestiva: il color Barolo (o melanzana).

 

L’Annunciazione e il San Giacomo M. sono collocati su un supporto che diventa elemento unico anche per il sistema luci.

Diventa fondale, aggettante nella parte sottostante così da mantenere una dimensione dal visitatore, in alto, sostegno per l’illuminazione.

 

Questo elemento ligneo dalla linea semplice ed esplicita non vuol dissuadere l’osservatore, bensì, inconsciamente, accompagnarlo alla lettura dal “luogo” più idoneo rispetto quella che è la naturale triangolazione luce/opera/punto di vista.

Luce, prossemica ed ergonomia.

 

L’intervento seguente, quello del Polittico di S.Domenico e la Trasfigurazione, nell’adiacente stanza, necessita di un ulteriore sforzo di rarefazione.

Le dimensioni ampie e articolate, soprattutto del polittico, costringono a delle scelte ancor più complesse.

Il segno deve rimanere, così il colore e il cercare di porre in relazione l’osservatore con l’opera.

Ma a questo punto la luce non può essere risolta come in precedenza con degli spot che dall’alto definiscono l’immagine.

Eppure i materiali e le finiture devono rimanere uguali alla stanza precedente.

Allora il supporto cambia e il segno grafico bidimensionale diventa quasi ad una sola dimensione: una linea.

Anzi, due linee dalle quali orientare il puntamento luci con una combinazione di elementi autoportanti in metallo che abbracciano le due opere senza toccarle, come una finta cornice interrotta, arrivando a leggere e assaporare ciò che prima era lasciato all’oscuro.

Nella parte inferiore, i tamponamenti in legno che fungono da basi, si incastrano sulle strutture di supporto esistenti.

Anche qui, come nell’altra sala, ci si sente avvolti dallo splendore dei colori, luci e dimensioni tanto da rimanere coinvolti in maniera attiva alla presenza di queste meraviglie.

 

Un legame viene stabilito come un vincolo di riguardo e di preservazione tra le due entità: voi e l’arte.

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